L’Informatore, 11 febbraio 2022

In queste settimane abbiamo cercato di portare ragioni e argomenti in opposizione al progetto delle palazzine per «anziani autosufficienti»: dati sui costi e sui rischi dell’operazione immobiliare; timori per una nuova e inopportuna cementificazione di un’area verde di pregio; critiche sulle presunte finalità sociali dell’operazione (affitti elevati sopra la media e numero spropositato di appartamenti). Per risposta ci è giunta una disordinata e – ci si permetta il termine senza incorrere in accuse di «denigrazione» – improvvisata serie di controproposte sulle palazzine: progettazione di appartamenti di 1.5 locali da affiancare a quelli di 2.5 e 3.5 locali con considerevole aumento degli appartamenti; l’inserimento della domotica e di una costruzione integrale in legno (!) con relativo aumento dei costi; poi la possibilità di realizzare a tappe, che significa in soldoni realizzare due palazzine invece di tre, o farne tre a tappe con relativi disagi e nuovo aumento dei costi; e di nuovo si propone di fare un ennesimo sondaggio (ma la necessità non era già appurata?). Da qui non se ne esce e non si comprendono più senso, costi (per la comunità) e finalità dell’operazione immobiliare.

Non ci si ferma qui e si aggiungono contraddizioni: gli anziani devono vivere tra loro perché l’intergenerazionalità non ha senso (!), così affermano orgogliosamente i fautori. Poi però, a firma, Lomazzi-Pezzati in una prosa faticosa e oscura si parla di favorire, creando una cittadella per anziani, «uno scambio intergenerazionale» considerata la vicinanza della banca Raiffeisen (!?), o incoraggiare un’intensa e un po’ ansiosa attività multimediale, come se il resto del paese non esistesse già…

Al fondo – come è stato ben detto  – esistono due contrapposte concezioni dell’anziano: quella dei fautori che pensano che agli anziani manchi sempre qualcosa e si debba comportarsi con loro (o con i futuri noi) come fossero una specie protetta, incapace di decidere autonomamente (alla faccia dell’autosufficienza); quella dei contrari alle palazzine che pensano ai diversi gradi di autonomia degli anziani, soprattutto ad assicurare loro uno spazio di vita adeguato nel loro contesto abitativo, senza sradicarli artificiosamente dal loro luogo di vita, da affetti, relazioni e abitudini. Questo modello d’intervento – da anni consolidato nelle politiche cantonali e federali – ha un grande vantaggio: è meno dispendioso e più efficace, perché si confronta con le singole situazioni di disagio, graduando le risposte a seconda delle specifiche necessità.

Abbiamo anche deciso di inviare a tutti i fuochi del comune la bella lettera di Giuseppe Merlo, persona apprezzata, ben conosciuta e attiva nella comunità, proprio per le qualità di pacatezza ed equilibrio che la contraddistinguono. Ebbene, contrasta con i toni esasperati degli articoli di scandalo e clamore (il termine «battaglia» e «gravi e inqualificabili attacchi» usati nei titoli sull’ultimo Informatore dalla controparte). Sappiamo cosa non avviene sui social: c’è di tutto e, purtroppo, di più; ma eleggersi a vittima sacrificale appare sconcertante, perché in realtà non si comprende quali attentati (naturalmente metaforici) siano stati commessi; e richiamare alti valori etici, appare perlomeno fuori luogo e strumentale. Fossero gravi offese all’onorabilità, se si vuole, ci sono vie legali.

Noi, come comitato, abbiamo scelto la via di tacere anche davanti a comportamenti – diciamo così – inopportuni delle autorità municipali, che di fronte a un referendum voluto dai cittadini avrebbero il dovere di vestire un ruolo di garanzia istituzionale. Ebbene abbiamo scelto di non far del vittimismo, proprio perché non volevamo scadere alla polemica personale. A noi bastano fatti, dati e argomenti, cioè la sostanza del nostro NO.

Il Comitato NO alle palazzine

 

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