L’Informatore, 4 febbraio 2022

L’aria si va facendo irrespirabile attorno alle palazzine per anziani autosufficienti di Novazzano. Tanto che qualcuno che non abita nel nostro Comune forse si chiederà se sia veramente giustificato tutto questo dibattere.

Ebbene sì: lo è, poiché in gioco ci sono, oltre al benessere di un’importante categoria di popolazione – della quale, peraltro, anche io faccio parte –, un investimento milionario da parte dell’Ente pubblico nonché la non indifferente cementificazione di una pregiata area verde del Comune.

Che invece non è affatto giustificato è questo clima da Far West che si sta creando attorno al tema; questa estrema polarizzazione – «o con me o contro di me» –, senza dubbio figlia anche dei due anni di pandemia che abbiamo alle spalle, che purtroppo però rischia di privare molte persone del necessario raziocinio a cui far capo per riflettere e decidere con serenità d’intenti prima di deporre la scheda nell’urna.

In questo marasma di opinioni mi permetto – con umiltà e senza la pretesa di offrire la verità assoluta – di proporre anch’io alcuni spunti di riflessione – taluni miei personali, altri che rinforzano punti di vista già formulati in precedenza – ribadendo innanzitutto che i referendisti non sono «i cattivi», quelli «contro gli anziani», ma sono persone che vogliono capire come investire al meglio le risorse di tutti senza che ciò vada a detrimento di altre priorità che via via si potranno presentare in futuro.

Una domanda che ciascuno di noi dovrebbe porsi prima di approvare questo progetto è molto semplice: «Dovessi io, in quanto persona ancora autosufficiente (perché è di questo che stiamo parlando …), decidere di lasciare la mia casa / il mio appartamento, i miei ricordi, le mie abitudini, i miei contatti sociali – riuscirei davvero a impacchettare tutta la mia vita in un paio di borsoni blu dell’Ikea per trasferirmi in due locali e mezzo – magari anche meno – e mettermi a ricostruire e riorganizzare una nuova esistenza (delle nuove abitudini, dei ricordi, dei nuovi contatti sociali)?»

O non mi sembrerebbe piuttosto di andare verso una triste anticamera per il successivo passaggio, e cioè la vicina Casa Girotondo?

I tassi ipotecari attualmente sono estremamente favorevoli, ma, purtroppo, non si sa mai cosa ci riserverà il futuro… Siamo certi che, per questo egoistico «sogno», noi anziani possiamo ritenerci autorizzati a caricare sulle spalle dei nostri figli e dei nostri nipoti un onere finanziario così importante? Pensiamo anche al moltiplicatore – per ora così invitante – del nostro Comune: fino a quando rimarrebbe ancora tale?

Anche per evitare di creare dei quartieri «per soli anziani», normalmente questa tipologia di struttura ha speranza di funzionare se inserita in un contesto vivace e favorevole (vicinanza con un grosso centro cittadino dove si trovano diversi negozi, ristoranti e ben servito da mezzi pubblici).

Secondo voi l’ubicazione prevista si inserisce in questi parametri o si limita ad offrire la vicinanza con la Casa Girotondo e una «vista panoramica sul Monte Generoso» (che è comunque relativa perché ogni balcone guarda verso il balcone del palazzo adiacente)?

Essendo stato membro del Consiglio comunale per diversi mandati, ho constatato che, quando si progetta la realizzazione di un’opera, si dimentica spesso di inserire nel computo totale tutte le spese di gestione e di manutenzione: un custode, un amministratore, chi si dovrà occupare della manutenzione esterna, del giardino, ecc. Inevitabilmente se non saranno caricati sugli oneri dei singoli inquilini (sottoforma di spese da aggiungere all’affitto mensile) tutti questi costi andranno annualmente a gravare sul già considerevole bilancio comunale.

La «realizzazione a tappe dell’opera» citata più volte – e che avrebbe lo scopo di consentire un maggiore controllo sull’effettiva occupazione dello stabile –, in realtà renderebbe il progetto molto più costoso, a causa della doppia messa in funzione di tutte le installazioni necessarie alla costruzione.

Un ulteriore spunto di riflessione ci porta a guardarci attorno: in Comuni anche più grandi del nostro, che hanno fatto scelte simili nel passato, si sta pensando di ridimensionare questo tipo di struttura, che difficilmente si riesce a occupare; in altri sono stati realizzati progetti più piccoli e commisurati all’effettiva richiesta, facendo capo a fondazioni o a investitori privati.

A costruzione ultimata, nella più rosea delle ipotesi, possiamo immaginare che trentadue anziani (o coppie di anziani) di Novazzano si trasferiscano dal loro domicilio nel nuovo quartiere: l’effetto non secondario sarà lo svuotamento delle abitazioni fino ad allora occupate.

Tutti conosciamo i gravi problemi di sfitto che già ora affliggono il settore immobiliare nel nostro distretto: ritengo quantomeno discutibile che questi problemi vengano aggravati proprio dall’Ente pubblico.

Il 13 febbraio avremo tutti la possibilità di essere artefici del nostro futuro: mi auguro che prima dell’appuntamento con le urne tutti riescano a recuperare la necessaria lucidità per valutare la posta in gioco, non da ultimo il grande sacrificio di una preziosa e pregiata area verde di cui dovremo rendere conto alle generazioni future.

Vorrei davvero che il SÌ o il NO deposti nell’urna siano frutto di una scelta ponderata e ragionata, non effettuata semplicemente per partito preso; e che comunque, dal 14 febbraio, si torni a lavorare onestamente e serenamente, tutti assieme, per il bene del nostro paese e dei suoi abitanti.

Giuseppe Merlo

 

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