L’Informatore, 17 dicembre 2021

Da una parte le parole, dall’altra le cifre. È questa l’impressione che si ricava dalle lettere e dalle prese di posizione dei fautori e dei contrari alle palazzine a Novazzano per «anziani autosufficienti». Che l’imponente investimento sia altamente rischioso e sovradimensionato per Novazzano, credo sia evidente: sovradimensionato si potrà anche discutere, rischioso per le finanze del comune lo è certamente! Lasciamo per questa volta la cruda realtà delle cifre (ci sarà a esporla chi è più titolato del sottoscritto) e ci limitiamo alla «modalità parole».

Cosa significa «anziani autosufficienti»? Di preciso non sembra indicare nulla. Sulla retorica di un’iniziativa a favore dei «nostri» anziani («siamo Novazzano», d’accordo, e gli altri?) c’è poco da dire, perché a favore lo siamo tutti. Chi potrebbe dichiararsi contro gli anziani o contro i bambini? Sarebbe come prendersela con Guglielmo Tell… Nella realtà gli «anziani autosufficienti» costituiscono una categoria talmente ampia e variegata, che pare impossibile definire, cioè circoscriverla in una precisa fascia d’età. Il Muncipio deve essersi posto il problema per delimitare l’ambito d’interesse del progetto: a chi ci indirizziamo? I sondaggi comunali furono dapprima inviati agli over 65, in un secondo tempo dai 62 anni in su, alla ricerca di numeri che avallassero le scelte e il progetto delle palazzine. La difficoltà appare insormontabile, poiché ci sono ultrasettantenni che inforcano regolarmente il rampichino, signore ultraottantenni che spaccano a colpi di accetta la legna o seguono con passione i corsi dell’ATTE, simpatici novantenni, un po’ rognosi, che sembrano Clint Eastwood. Danno, insomma, ampia prova di autosufficienza.

Certo, c’è pure chi si confronta con ostacoli di varia natura: nell’«autosufficienza» possono trovare posto disagi diversi a dipendenza delle condizioni di salute, per ragioni di ordine sociale o economico, o più banalmente pratiche. Le risposte non possono che variare, tenendo presente una costante: in generale la gran parte delle persone anziane preferiscono rimanere nelle abitazioni dove hanno vissuto e dove vivono; ed è naturale che vogliano così, scartando soluzioni alternative, soprattutto se poco convenienti dal punto di vista economico. Proprio sulla base di questa semplice constatazione emergono le peculiarità delle singole situazioni, alle quali dare concreta risposta.

È sulla base di questa realtà dei fatti (e della vita) che man mano e per decenni si è organizzata una strategia complessiva per l’anziano in Europa, in Svizzera e nel nostro Cantone, di risposte flessibili, affinate nel tempo e modulate sulle esigenze diverse che si presentano nella quotidianità. Sono l’assistenza e i servizi a domicilio; e sono risposte puntuali che mirano ad assicurare una qualità della vita senza sradicare l’anziano dal proprio ambiente di relazioni quotidiane e sociali, considerandolo come parte viva di una società e non una specie a parte (protetta?) che dovrebbe ritrovarsi soltanto con i suoi coetanei. Pensare a una struttura intermedia, un piccolo quartiere per «anziani autosufficienti» accanto alla casa per anziani come anticamera di quest’ultima, appare un modello sociale discutibile oltre che segregativo. Sarebbe come immaginare città o paesi suddivisi per fasce e gruppi di età: parti per giovani coppie / parti per persone mature (e figli saltuari) / quartiere per anziani…

Affermare che l’intergenerazionalità sia solo un concetto o un’idea romantica – come sostenuto dal gruppo/slogan «Siamo Novazzano» (v. L’Informatore di venerdì scorso) – è fuorviante, perché nel complesso, e non solo per relazioni familiari, da sempre le società sono intergenerazionali. Il modello di aiuto e di sostegno del Cantone a favore dell’anziano, laddove si manifesta la necessità,  ha una lunga e consolidata tradizione di servizi e di esperienze. Anche le innovazioni che sono state introdotte o che sono allo studio vanno nella direzione di un rafforzamento del modello dei servizi e dell’assistenza a domicilio: è una dimensione di intervento pubblico condiviso e coordinato, che individua con precisione bisogni o esigenze. Poi, se Novazzano volesse affiancarsi o integrarsi in questa strategia, avrebbe spazi e modi per farlo, pensando a un rafforzamento locale, puntuale e commisurato alle necessità di ognuno attraverso una politica di servizi aggiuntivi (trasporti o pasti) o, nel caso di condizioni economiche precarie, di sussidi per piccoli interventi edilizi, che possano agevolare particolari condizioni di uso e accessibilità delle abitazioni. O ancora, se ritenuto necessario o in compartecipazione con altri comuni, potrebbe avvalersi della figura del «custode sociale», di una persona qualificata che segua e valuti situazioni particolari di disagio. Insomma, un senso della misura concreto e realistico, piuttosto di lanciarsi in dubbie e dispendiose operazioni immobiliari.

P.S. – Delle volte la realtà ci riserva sorprese. È così che indagini svolte di recente su campioni rappresentativi della popolazione svizzera e ticinese attestano che di solitudine soffrono, più degli anziani, i giovani ticinesi (15-34 anni).

Nicola Soldini

 

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